La Funzione Pastorale delle Biblioteche Ecclesiastiche

Alessandro Tedesco


Il tema in oggetto è frutto di una riflessione che la Chiesa ha saggiamente avviato in maniera programmatica da parecchi anni: a partire dalla Costituzione apostolica Pastor Bonus con cui nel 1988 papa Giovanni Paolo II istituì la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, fino all’Intesa sottoscritta nel 2000 (e rinnovata nel 2005) fra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Conferenza Episcopale Italiana.

Da questi momenti cardine per l’avvio e lo sviluppo di una riflessione così complessa (alimentata dai vari documenti e interventi prodotti dalla citata Commissione) si sono andate a sviluppare nel corso degli anni quelle risposte che – in varia misura – all’interno delle istituzioni bibliotecarie ecclesiastiche e all’interno del dibattito scientifico hanno portato alla realizzazione concreta delle sollecitazioni iniziali.

Grande impulso a questi “momenti di realtà” che vedono il concretizzarsi delle linee di indirizzo che rischierebbero altrimenti di rimanere puramente teoriche è stato dato da un lato dall’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale (istituito nel 2016) e dall’altro dall’ABEI, l’Associazione dei bibliotecari ecclesiastici italiani (nata nel 1978).

Da un lato, quindi il continuo supporto operativo dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto alle biblioteche ecclesiastiche (espresso in molti modi: consulenza e orientamento, formazione e organizzazione di convegni, predisposizione dei finanziamenti e relazione con organi istituzionali). Tale supporto – in un’ottica di messa in rete (e di rete di biblioteche), così come di aumento della visibilità e della fruibilità dei beni ecclesiastici (temi fortemente connessi alla funzione pastorale delle biblioteche ecclesiastiche) – trova la sua espressione nella realizzazione del portale BeWeb – Beni ecclesiastici in web in cui confluisce il censimento sistematico – realizzato grazie a sistemi informativi partecipati – del  patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario portato avanti dalle diocesi italiane e dagli istituti culturali ecclesiastici sui beni di loro proprietà.

Dall’altra parte invece abbiamo la costante attività di coordinamento tra biblioteche ecclesiastiche portata avanti dall’Associazione dei bibliotecari ecclesiastici: una rete di biblioteche e bibliotecari che condividono in modo virtuoso informazioni ed esperienze utili al lavoro quotidiano in biblioteca, dalla gestione delle collezioni e degli acquisti, fino alla cura dell’utenza. Ricerca e dibattito quindi che trovano espressione concreta nel Bollettino di Informazione dell’Associazione, vero e proprio strumento di collegamento nel mondo bibliotecario ecclesiastico. Oltre a questo, numerose iniziative (convegni scientifici, in cui viene coinvolto anche il mondo delle Università, e momenti di incontro) volte a promuovere la riflessione su temi comuni.

In entrambe queste sedi sono state più volte riportate esperienze concrete di cosa voglia dire essere biblioteca ecclesiastica con funzione pastorale e di come si possa implementare questa funzione che è (o dovrebbe essere) di per sé insista nella natura stessa della biblioteca ecclesiastica.

In tal senso – all’interno di un panorama così vasto e già di per sé dotato di una sua solida struttura programmatica, così come di esperienze concrete avviate da numerose persone che in questo ambito sono impegnate da diversi anni – la Biblioteca del Seminario Arcivescovile della Diocesi di Milano nel corso della sua secolare storia e in particolar modo di quella più recente ha sempre avuto ben presente l’orizzonte ultimo del suo operato, che è legato proprio alla funzione pastorale di una raccolta libraria così costituita.

Infatti, nella sua attività ha sempre seguito quelle linee di indirizzo dettate originariamente dalla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e successivamente rilanciate e ampliate da tutti gli interlocutori già citati, su cui ora ci concentreremo.

1. “Portami libri, soprattutto le pergamene”: la biblioteca come fulcro vivo della cura animarum

Soffermiamoci quindi sulla prima linea di indirizzo: cioè quella che vede la biblioteca ecclesiastica come fulcro e fondamento su cui i presbiteri basano la cura animarum, l’azione pastorale. Tale direttiva trova uno dei suoi fondamenti proprio nella Bibbia (siamo nelle Lettere Pastorali di Paolo, più precisamente nella seconda lettera a Timoteo).

Portami libri, soprattutto le pergamene (2 Tim 4, 13)

Questo celebre passaggio dell’epistolario paolino fu infatti scelto dalla citata Commissione nella Lettera Circolare del 19 marzo 1994 su Le Biblioteche Ecclesiastiche nella missione della Chiesa: importante documento che contiene raccomandazioni e linee d’azione e orientamento rispetto alla funzione pastorale delle biblioteche ecclesiastiche.

Vorremmo, pertanto, in questa lettera circolare attirare l’attenzione sulle Biblioteche ecclesiastiche nella missione della chiesa.

«Portami i libri, soprattutto le pergamene» (2 Tim 4, 13). Fu questa la raccomandazione di S. Paolo a Timoteo, mentre egli stava riducendo all’essenziale la sua vita, che sentiva ormai al tramonto e che intendeva utilizzare affinché «tutti i gentili potessero udire il messaggio» (Ibid., 4, 17).

Non addentandoci in questioni riguardanti l’autore e la data di composizione delle Lettere Pastorali di Paolo (per le quali si rimanda al commentario di Cesare Marcheselli-Casale), ci si sofferma sul messaggio contenuto nel testo.

Paolo chiede che gli siano portati quegli oggetti indispensabili per proseguire la sua missione evangelizzatrice e in particolar modo i libri, ma anche il mantello (infatti il testo completo recita: Quando vieni, portami il mantello che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, anche i libri, soprattutto le pergamene). Su cosa siano effettivamente i libri e le pergamene non c’è effettiva certezza (e anche su questo tema dibattuto non ci si sofferma): basti dire che, molto probabilmente, si fa riferimento agli Scritti dell’Antico Testamento, su cui Paolo fonda la sua predicazione per la cura animarum appunto. Infatti, come sostiene Lorenz Oberlinner nel suo commento alla seconda lettera a Timoteo, «Il mantello e i libri sono un simbolo del missionario Paolo» e di questi egli ha bisogno per la sua attività di predicazione.

Riportando il discorso sul piano attuale, tutto ciò vuol dire che il presbitero non può prescindere dalla formazione, in primo luogo sulla Parola, ma in linea generale su tutto ciò che è lo spettro culturale della conoscenza per esercitare la sua attività.

A rafforzare tale concezione, le parole del Card. Gianfranco Ravasi pronunciate all’apertura del Convegno ABEI del 2008 a Pozzuoli e riportate nel già citato Bollettino dell’Associazione (1/2001, 24-33):

Prima di tutto per scoprire che la biblioteca e i libri sono beni pastorali bisogna, secondo me, combattere una concezione semplicistica, superficiale ma molto diffusa, secondo la quale la cura animarum può prescindere, o per lo meno ha soltanto come un apparto marginale, la dimensione culturale. […] Ma senza una elaborazione progettuale seria, e quindi con tutta la strumentazione necessaria che la cultura ti offre, come puoi fare un vero piano pastorale? O da un lato ha tanti luoghi comuni, stereotipi oppure hai una serie di parole, elementi esperienziali che sono smentiti continuamente, essendo il reale necessitante di una interpretazione per essere veramente tale, altrimenti diventa astratto.

In concreto, un Seminario luogo di formazione per futuri presbiteri non può prescindere da una adeguata e aggiornata raccolta libraria, una biblioteca che va fatta usare e conoscere ai seminaristi e che assolve in questo caso una funzione pastorale “indiretta” per così dire, in quanto permette a chi svolgerà attività pastorale diretta di avere gli strumenti per farlo: libri di sussidio per la formazione e la spiritualità del clero.

2. Conservazione e valorizzazione dei fondi antichi e preziosi

La seconda linea di indirizzo fa riferimento invece a quegli oggetti librari – presenti in gran parte delle biblioteche ecclesiastiche – che o per la loro antichità o per la loro preziosità sono considerati come libri antichi o preziosi; soprattutto manoscritti, incunaboli e cinquecentine, ma anche libri del Seicento, del Settecento e dei primi anni dell’Ottocento.

In tal senso, rifacendosi ancora una volta alla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, quest’ultima nel documento che specifica le sue aree di competenza, sottolinea come:

I beni culturali della Chiesa sono stati prodotti lungo i secoli e nell’oggi per un fine essenzialmente pastorale e come tali debbono essere mantenuti, tutelati e valorizzati.

Tutelare, censire, catalogare e valorizzare il patrimonio librario antico o prezioso della propria biblioteca assolve quindi a un triplice aspetto pastorale: da un lato rende la biblioteca un luogo di memoria storica accessibile, in cui studiosi di vario tipo possono attingere direttamente alla fonte della loro ricerca, contribuendo quindi – con studi e pubblicazioni – a far conoscere al di fuori di essa la realtà ecclesiale che tali beni tutela e conserva; dall’altro apre la possibilità all’ente di rivolgersi direttamente all’esterno, organizzando mostre, eventi, convegni basati su questo materiale; sul lungo periodo rende la biblioteca depositaria e custode di quegli strumenti utilizzati nei secoli passati per la cura animarum, strumenti che – nei secoli a venire – potranno continuare a svolgere tale funzione nelle due dimensioni sopra citate (fonti per la ricerca storica e per il racconto della storia).

3. Conservazione della produzione libraria e delle fonti relative alla storia del territorio

In un certo qual modo collegato a quest’ultimo punto, troviamo anche il tema che vede le biblioteche ecclesiastiche svolgere un’ulteriore funzione: quella di conservazione di gran parte del materiale editoriale (anche minore) prodotto in relazione alla storia locale del territorio in cui si trovano: biografie di presbiteri, storia di chiese, di parrocchie, ecc…

Tutte queste pubblicazioni, nel loro interesse tutto sommato locale, possono essere però degli utili strumenti di pastorale: da un lato, pubblicazioni di carattere più storico/artistico verranno utilmente consultate da storici dediti allo studio della storia locale del proprio luogo di origine, dall’alto biografie esemplari di presbiteri o figure significative di un determinato luogo possono essere proficuamente apprezzate da una categoria più ampia di persone residenti sul territorio.

4. Dati in rete e reti di biblioteche: accessibilità e cooperazione

Per svolgere al meglio il suo servizio una biblioteca ecclesiastica deve inoltre mettere a disposizione online le informazioni relative al suo posseduto: un OPAC (On-line Public Access Catalog), cioè un catalogo online, è oggi uno strumento imprescindibile se si vuole davvero parlare di funzione pastorale di una biblioteca ecclesiastica. Inoltre, una migliore e più proficua spinta verso un ampliamento della funzione pastorale è data anche dalla cooperazione in un sistema di catalogazione condiviso tra biblioteche che confluisca in un punto di accesso unificato per l’utente finale.

Andando invece oltre quelle che sono le reti virtuali, sempre più importante diventa anche il coinvolgimento e la cooperazione delle realtà territoriali esterne alla biblioteca: università, centri culturali, altri sistemi bibliotecari.

E infine, sembra scontato dirlo ma non sempre lo è, la biblioteca ecclesiastica deve essere quanto più possibile aperta anche alla consultazione e al prestito da parte degli utenti esterni.

5. “Oltre lo scaffale”: mostre, convegni, presentazioni di libri, comunicazione e stage universitari

Un’ulteriore sfera d’azione in cui la biblioteca ecclesiastica può esercitare una funzione pastorale attiva è invece quelle legate ad attività e iniziative che estendono l’operato della biblioteca al di fuori delle sue consuete attività: organizzazione di mostre bibliografiche e convegni su particolare materiale conservato nei fondi dei libri antichi e preziosi, oppure ancora, presentazioni di libri aperte a tutti.

Ed infine la possibilità di attivazione di stage universitari per studenti di materie legate alla biblioteconomia o alla storia del libro. Stage non certo intesi come mera manovalanza, ma come momento di formazione serio sul campo che contribuisca sia al beneficio della biblioteca stessa sia alla formazione professionale dello studente.

Un ultimo aspetto è infine quello comunicativo: non basta più il catalogo, è necessario ormai essere presenti almeno con un sito che presenti in varie sezioni la biblioteca e la sua storia, eventualmente dotato anche di una sezione di blog in cui periodicamente pubblicare dei contenuti di interesse per l’utenza, così come fondamentale è anche la presenza sui Social Network: quelli forse di maggiore utilizzo e utilità per una biblioteca possono essere Facebook, Instagram ed eventualmente Twitter.

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